Come spiegare il valore dei soldi

Come spiegare ai bambini il valore dei soldi

“Qual è il budget per il mio prossimo regalo?” Beh non so. Piglio manageriale e orecchie attente alla mia risposta: mio figlio, preadolescente vorace e curioso ha il tono sicuro. E prima che io cominci a spiegare il valore dei soldi snocciola le sue richieste.

 

“Lo voglio sapere perché ho visto su Internet una spada laser che mi piace e pure un videogioco”. Rispondo: potrebbe essere tot. Allora, alza le braccia sconsolato, “mi sa che non basta. Posso chiederti un anticipo dello stipendio? Di quanto? Due mesi. Guarda che non avrai nemmeno un euro da spendere nemmeno per le gomme da masticare: sei sicuro? Sì, sono sicuro”.

 

I miei figli gemelli e preadolescenti hanno con il denaro un rapporto diverso, direi opposto. Lui, il fratello, sembra più consapevole del valore di ogni singolo euro, ma anche più incline a spendere per le sue passioni tutti gli averi raggranellati, senza grande riguardo per la parola risparmio. Mia figlia, la sorella gemella, è più propensa all’attesa, accetta che non si può comprare tutto e subito e raramente batte cassa.

 

Ma l’argomento denaro è delicato almeno quanto l’utilizzo. Da quando i miei figli erano un po’ più piccoli e si parlava anche di centesimi mi pongo l’interrogativo di tanti genitori. Come educarli al valore dei soldi? Il rapporto dei preadolescenti con il denaro passa attraverso temi fondamentali: l’autonomia e la dipendenza, il rapporto con la famiglia, con gli amici, con il futuro. I soldi hanno anche un ruolo determinante nella crescita e nell’ingresso nei ruoli adulti, a volte rappresentano uno strumento per negoziare l’immagine di sé.

 

Spiegare il valore dei soldi sin da piccoli

Come regolarsi allora? Roberta Altieri, psicologa e psicoterapeuta che segue da vicino gli adolescenti, mi ha dato una piccola guida per i genitori. E suggerimenti chiari e molto utili. Intanto, è bene cominciare a spiegare il valore dei soldi quando i figli sono piccoli. “Appena i bambini hanno acquisito una certa dimestichezza con i numeri li si può far partecipare a piccole compere: il pane, la merenda, il materiale per la scuola, spiegando l’uso delle monete e il concetto di resto. In adolescenza, invece, si può iniziare a coinvolgerli nella pianificazione di alcune spese della famiglia, partendo da quelle che li riguardano come il computer o una vacanza. L’obiettivo è trasmettere l’idea della gestione responsabile del denaro che si ottiene con il lavoro e richiede attenzione per essere ben amministrato”.

 

Bambini e adolescenti fanno spesso ripetute richieste di acquisto. Come comportarsi in questo caso? Chiarisce la psicologa: “i bambini hanno continui stimoli a comprare qualcosa e la scarsa tolleranza della frustrazione è un problema.  Bisogna cercare di capire se gli oggetti sono veramente importanti allora si può legare la spesa a una ricorrenza come il compleanno o Natale. Così si insegna a vivere con serenità il tempo dell’attesa e la capacità di pregustare un dono che non viene dato per scontato.

Se ci sembra che il desiderio sia basato su motivazioni superficiali, che l’oggetto o l’esperienza non siano in linea con il nostro progetto educativo non esitiamo a dire no. Meglio che cedere controvoglia a ogni richiesta con il rischio che i figli non diano valore a ciò che possiedono o a gestire il limite”

 

La paghetta per imparare a gestire il denaro

Cosa fare, invece, con la paghetta? Una piccola cifra di cui disporre aiuta i bambini a prendere confidenza con il denaro e a capire il significato di concetti come entrate e uscite, risparmio, investimento e così via. “Un buon momento è l’inizio della scuola media quando il preadolescente comincia a sviluppare autonomia e ha bisogno di sperimentarla anche nelle scelte di acquisto”, suggerisce Roberta Altieri. “Un mese è un periodo lungo: meglio una settimana, considerando che la loro vita è scandita dalla vita scolastica.

 

È consigliabile dare ai ragazzi un quaderno in cui segnare entrate, uscite, data e motivo della spesa. Così gli si insegna a gestire un piccolo budget e a pianificare le spese. Certo, non tutti sono interessati a questo tipo di attività, ma il trucco è presentarlo come un gioco, sperando che ogni ragazzo ci trovi un’utilità personale e sia spinto a continuare in autonomia”.

 

Con gli adolescenti si può anche passare all’uso della moneta elettronica? La carta prepagata è una scelta valida per dare un limite di spesa ragionevole e purché si verifichino assieme le spese. “È importante aiutarli ad arginare l’impulsività favorita dalle forme intangibili di pagamento: comprare sui siti di e commerce con un semplice clic, prenotare in anticipo spettacoli o concerti con le prevendite online, giocare sui siti di gaming a pagamento rendono la transazione immateriale. Un’educazione finanziaria dovrebbe portare a un rapporto più equilibrato con il denaro: evitare gli eccessi ma favorire la sensazione di sicurezza e appagamento che il denaro procura”.

 

Niente soldi per le faccende domestiche e lo studio

È sconsigliabile anche dare soldi in cambio delle faccende domestiche. Il messaggio da trasmettere è: ciascuno contribuisce al buon funzionamento della casa in cambio di un maggior benessere per tutti e non perché ci si aspetta un ritorno economico. Secondo la psicologa bisognerebbe abituare i figli sin da piccoli a dare un piccolo contributo in casa anche se in famiglia c’è una persona pagata per questo. Se questo percorso non è stato fatto si può far leva sul senso di responsabilità e sull’amor proprio di un figlio più grandicello, valutando le sue inclinazioni: sapersi occupare delle proprie cose, acquisire una nuova competenza come cucinare un piatto gradito, è motivo di orgoglio e accresce la sicurezza in se stessi.

 

Per quanto riguarda i compiti di scuola vale lo stesso principio: lo studio è un arricchimento e non merce di scambio. “Bambini e ragazzi spesso non tollerano la fatica dello studio e non è facile incentivarli”, conclude la psicologa, “li si può aiutare a impostare il lavoro, ascoltare durante il ripasso, dare un premio simbolico alla fine di un compito impegnativo, ma non un compenso in denaro. Finirebbe con l’abituarli a una contrattazione economica per qualsiasi richiesta che gli viene rivolta.”

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