I gemelli e le barriere architettoniche a Venezia

I gemelli, Venezia e una mamma con le rampe

I gemelli, un passeggino doppio e le barriere architettoniche. Nella cascata di emozioni che arriva con una coppia  di bimbi c’è anche un aspetto forse meno tenero, ma molto pratico: gli spostamenti con i due bambini.  Perché un po’ dappertutto, che sia città o anche campagna, muoversi con un passeggino ingombrante è una faccenda complicata. Il peso, le dimensioni e molti, molti ostacoli da superare.

 

 

I gemelli e le barriere architettoniche a Venezia

E così succede che una mamma di gemelli tiri fuori un’energia trascinante, decida di sensibilizzare l’amministrazione della sua città e i cittadini proprio sul tema dell’accessibilità.

Elena è una psicologa infantile e si occupa di genitorialità e inclusione sociale. Vive a Venezia con il marito e due gemelli di otto anni, maschio e femmina.  Fra lo spettacolo e la suggestione delle calli, dei campielli e dei ponti della sua città si è dovuta misurare con uno scoglio da valicare: gli spostamenti con i suoi bambini in passeggino. Ma per conoscerla meglio in questa intervista doppia cominciamo dal principio.

 

Felicità e qualche preoccupazione

Da quando Elena ha saputo di aspettare due gemelli. “Durante la prima ecografia abbiamo scoperto che c’erano due piccoli cuori che battevano e si sono mescolate tante sensazioni: felicità, ansia, preoccupazione. Non me lo aspettavo, ma in famiglia avevo già un altro caso. La sorella di mia nonna ha avuto due gemelli: un maschio e una femmina come me”.

 

Una gravidanza serena

“La gravidanza è stata molto tranquilla e mi sono sentita bene fino al parto. Ricordo quel periodo solo per me e mio marito come un momento bellissimo. Andavamo insieme a fare gli esami, le visite mediche e gli acquisti. Vivevamo sereni il periodo dell’attesa. Un mosaico in costruzione fatto di piccoli preparativi: i bavaglini, le coperte, la carrozzina. Ascoltavo i movimenti dei gemelli nella pancia e anche la musica perché penso sia importantissima nella crescita dei piccoli “.

 

Il pensiero fisso della carrozzina

Elena aveva già una lunga esperienza con i bambini. “Me ne sono sempre occupata: da ragazzina facevo la baby sitter, poi ho lavorato in una comunità per bambini e in una casa famiglia”.

Ma nelle sue giornate c’era un pensiero ricorrente. “Avevo sempre in mente la carrozzina e fermavo tutte le mamme che incontravo per capire come l’avessero scelta. A Venezia è molto complicato muoversi con un passeggino gemellare:  ci sono tante barriere architettoniche da superare”.

 

Due neonati in culla e molte fatiche

Così, assieme alla gioia piena per la nascita dei gemelli,  è cominciata anche una parte del percorso un po’ complicata. “La gravidanza gemellare dura trentasei settimane o poco più: tutto il resto è vita”, prosegue Elena. ” Mio marito è stato sempre presente quando tornava dal lavoro, ma con due neonati nella culla le cose da fare non si contano: dai cambi dei pannolini con il pit stop all’allattamento al seno per i primi sei mesi, al tiralatte. Se ci ripenso oggi mi sento crollare dal sonno”.

 

I ponti come montagne

“Purtroppo, quando i bambini avevano dieci mesi, è scomparsa mia mamma che mi dava un grande sostegno. Allora ho cominciato la ricerca di una  baby sitter e ricordo le corse, la fatica, lo svezzamento, i primi passi e anche la paura di non farcela”.

“A Venezia gli spostamenti sono molto difficili.  Una casa senza ascensore, due piccoli da mettere nel passeggino e i ponti da attraversare che mi sembravano montagne. Fare una passeggiata con i bambini era una bella impresa, ma ho sempre fatto in modo che potessero uscire”.

 

Il comitato di mamme con le rampe

Questa esperienza è stata la molla che ha spinto Elena e la sua carica vitale a creare il comitato ‘Mamme con le rampe’ . Una iniziativa per favorire un’apertura culturale e aiutare tutte le persone che nella sua città si muovono con un passeggino gemellare e non solo. “Quando vivi una fatica importante e ti sembra di annegare o affondi o nuoti. Ho deciso di nuotare e utilizzato tutti i mezzi che avevo. Ho lanciato una petizione perché lasciassero più a lungo le rampe che vengono messe in occasione della Venice Marathon così da offrire a tutti, non solo a chi ha disabilità motorie, la possibilità di muoversi”.

L’impegno di Elena ha raccolto molti consensi. “Mi hanno sostenuto in tanti: mamme, papà, nonni, disabili, ragazzi e turisti con il trolley, negozianti e scuole. Volevo che il messaggio arrivasse chiaro perché non c’era tempo da perdere. I bambini dell’asilo nido vicino a casa ci hanno aiutato a mettere le impronte colorate delle manine sul tessuto con cui abbiamo coperto le rampe.  E con grande orgoglio anche il campione Alex Zanardi ha sostenuto la nostra causa“.

 

Dallo slancio è nato anche un libro

Il comitato delle mamme con le rampe ha dato vita a tanti eventi per favorire l’accessibilità e l’inclusione. “Ho sentito uno slancio forte e travolgente”, prosegue Elena. “Se dobbiamo insegnare ai nostri figli la differenza che c’è tra loro dobbiamo far sentire la nostra unicità” .

Dalla sua storia è appena nato il libro Mamme con le rampe. La grinta di Venezia. Un racconto delicato e sincero fatto di quotidanità, alti e bassi, amicizia, vita quotidiana. A fare da filo conduttore,  il problema dell’accessibilità in una città incantevole e il movimento per superare con i gemelli (e anche tutti gli altri) le barriere architettoniche e culturali.

 

Quaranta minuti per andare a scuola

“Volevo sistemare i miei ricordi a partire dalla gravidanza”, conclude Elena, “dalla fatica è nata una grande energia e volevo lasciare un’impronta per i miei bambini e dare un segno concreto che si può riuscire ad andare al di là delle difficoltà”.

E i gemelli nel frattempo?  “Hanno caratteri molto diversi, ma sono molto legati. Per l’asilo e la scuola abbiamo deciso di tenerli separati fin dal nido e di stimolare la loro autonomia. Ora vanno alle elementari e, per assecondare le loro esigenze,  frequentano scuole diverse. Il che vuol dire: mi alzo alle sei e comincio i preparativi: colazione, vestiti, controllo delle cartelle.  Poi ci mettiamo in moto e attraversiamo la città, a piedi o in vaporetto. Per arrivare a scuola ci mettiamo quaranta minuti e per tornare altrettanti”.

L’impegno di Elena e del movimento culturale per superare le barriere architettoniche continua.

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