Gioco del pincaro

Giochiamo a pincaro

Il gioco del pincaro. Volete conoscerlo? Sì, mamma ma non ora dice mia figlia mentre colora il suo libro pieno di disegni. E tu, giochi? chiedo a mio figlio. Preferisco continuare a guardare la serie di Huntik. Insisto: andiamo giù in cortile.

 

Il gioco del pincaro, semplice e divertente

Il cortile è un poligono irregolare abbracciato da un palazzo anni Sessanta di quattro piani, in una strada che ha un nome da favola: via dei colombi. Molto cemento, poco verde. Qualche geraneo, piante grasse, sole a picco per gran parte del giorno. Eppure, vuoto e scarno, è un posto magico per inventarsi i giochi. Ma cos’è il pincaro, mamma? È un gioco semplice e divertente.

 

Si saltella su un piede

Disegniamo in terra – con un pezzo di gesso o una pietruzza – un rettangolo con sei o otto numeri. Ognuno di noi si sceglie poi una piccola pietra come segnalino, a turno la lanciamo nelle caselle numerate e per riprenderla la raggiungiamo saltellando su un piede. Non bisogna calpestare o far cadere la pietra fuori o sulle linee. Ogni errore, una penitenza. Avanti, giravolta e poi indietro sempre saltellando.

 

Sassolini, lanci e risate

Cominciamo, via, lancio! Ma stare sempre su un piede è difficile si lamenta mia figlia. Se cado mi sbuccio le ginocchia, aggiunge mio figlio, mettendo avanti un flebile timore per non mostrare di essere svogliato (comunque, sappilo, le mie ginocchia hanno ancora qualche segno di lontane cadute in cortile). Uno, due, tre, quattro. Lanci. Salti. In equilibrio sullo spasso, le risate, l’improvvisazione.

Dopo un po’ siamo stanchi, ma soprattutto soddisfatti. Vi è piaciuto? Beh sì,  vorrei farlo ancora perché così  gioco con te. E anche il gioco del pincaro mi diverte, commenta lei.  E lui: non so se voglio riprovare. Però stare in cortile è bello”.

 

Un ricordo d’infanzia che diventa sogno

Driiin, Driiin. Suona la sveglia. Apro gli occhi. Sono nel mio letto, e non in via dei colombi. Era un sogno. Eppure  suggestivo e rassicurante perché ho mischiato realtà, desideri, ricordi. Di quando bambina giocavo a pincaro con mia sorella, mio fratello e i miei inseparabili cugini Vale e Paolo, pomeriggi estivi di afa soffocante e salti nelle caselle disegnate in terra.

E mi viene subito in mente quanto vorrei che anche i miei figli gemelli conservassero i ricordi d’infanzia e diventassero bei sogni. Perché  le esperienze vissute da bambini, forme, odori e colori,  sono un balsamo che ci protegge, fotogrammi della nostra storia che segnano e disegnano la personalità.

 

Allegoria della vita

Ci sarà, spero, un gioco del pincaro – allegoria anche della vita con i suoi balzi avanti e indietro – che a ripensarci li farà sorridere, ritornare ai giorni spensierati e leggeri. Ricordi buffi e anche poetici di una stagione piena di sorprese, promesse, meraviglie acerbe, scoperte, timori.

Ricordi che diventano una valigia imperdibile e tutta nostra pronta per affrontare i giorni che verranno. E che ci aiutano a saltare. A volte, anche a volare.

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