Ritorno in classe. Terzo anno scolastico della pandemia.

Il ritorno in classe, le attese e un’isola che c’è

Il ritorno in classe. La gioia di ritrovarsi. Compagni e amici del cuore, insegnanti conosciuti e nuovi, decaloghi di sicurezza per prevenire i contagi dal virus, entusiasmi e svogliatezze, desideri e pure un’isola che c’è.

 

Il ritorno in classe

Otto milioni di studenti siedono di nuovo sui banchi. Le scuole riaprono e prende in via il terzo anno scolastico dall’inizio della pandemia. Nel primo, i ragazzi sono stati travolti da un Coronavirus fino ad allora sconosciuto che li ha tenuti mesi a casa a fare lezione, sorpresi e smarriti dietro gli schermi di computer, tablet e cellulari.  In poco tempo è cominciata la didattica a distanza, e sono cambiati lo sguardo sull’ordinario delle giornate in aula e il modo di affrontare studio, verifiche e interrogazioni.

 

Speranze e interruzioni

Nel secondo anno scolastico della pandemia c’è stato un alternarsi di speranze e interruzioni.  Nei primi giorni,  tutti in classe in presenza, banchi con le rotelle (ma non in tutte le scuole), distanze, ingressi a turno. mascherine e disinfettanti  per evitare il ritorno alla Dad.  I ragazzi hanno rinunciato alla ricreazione, all’ora di ginnastica in palestra, portato con disinvoltura le coperte a scuola quando le esigenze di prevenzione chiedevano finestre aperte per il cambio d’aria anche se loro avevano freddo. Non è bastato.

 

Il dialogo attraverso gli schermi

I giorni fra le mura degli edifici scolastici guardandosi per davvero negli occhi si sono dati il cambio con molti altri dentro le pareti di casa, in salotto, sul letto, in cucina. I ragazzi sempre soli e lontani dai contatti fisici, le risate vere, le pacche sulle spalle e gli abbracci.  Hanno comunicato dagli schermi, a volte con avatar buffi o tristi, altre volte nascondendosi,  sempre lanciando segnali: capacità di adattarsi, sofferenze e anche tante richieste di ascolto.

 

Il nuovo alfabeto della scuola

È stato un attimo mettere a punto nuovi linguaggi legati alla vita straordinaria della scuola, a partire dalle parole. Gli studenti hanno mutato i microfoni, ovvero li hanno tenuti silenziati per non far sentire troppo ciò che facevano. Altri hanno deciso di trollare, partecipando sì alle lezioni, ma per disturbare (o farsi notare?). Sono riusciti a districarsi fra  termini scientifici, sino a due anni fa incomprensibili e astrusi, usati dai virologi e ora entrati a far parte della vita quotidiana degli studenti.

 

L’incontro buono per un nuovo inizio

Ora sono pronti per il suono della campana.  E la scuola che riparte può essere l’incontro buono per tutti i ragazzi che entrano fiduciosi in quel luogo fisico e simbolico che appartiene a tutti noi. Con i suoi muri colorati o zeppi di disegni, i canestri da basket nuovi o rotti, i banchi pasticciati, le lavagne interattive e quelle di ardesia, le mense dove c’erano pasti divorati o lasciati sui tavoli grandi, tanto rumore e tanta allegria.

 

Riprendere un discorso corale e vitale

Se pure con i mille difetti e le mancanze  (c’è molto, molto da fare),  la scuola è un’isola che c’è dove abbiamo bisogno di stare. È un dono comune che può salvare dalla solitudine e dalla disuguaglianza e che, oltre agli studenti, riguarda tutti noi: anche chi non ha figli, non è insegnante, non ci lavora e il diploma lo ha portato a casa da tempo.

La scuola è la società: nelle aule si disegna il futuro, si modella il presente, si riprende un discorso corale e vitale. È uno spazio che prepara alla vita a cui chiediamo di riaccendere curiosità, alimentare energie, dare strumenti culturali per capire e governare il mondo che i più giovani abiteranno. Già da domani.

Buon ritorno in classe.

 

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