Non sparate sulla scuola libro. Recesnione.

Non spariamo sulla scuola

Non sparate sulla scuola.  Quella scricchiolante, con i difetti, le isole felici, spesso trascurata. Ma anche la più grande comunità organizzata del nostro paese. Come ce la racconta un libro inchiesta ricco di dati e fatti un’inchiesta sull’istruzione e il luogo dove si formano le generazioni.

 

Non sparate sulla scuola

Non sparate sulla scuola è scritto da Gianna Fregonara e Orsola Riva, giornaliste del Corriere della Sera. Dieci capitoli di dati, testimonianze, storie: un’indagine sulla scuola che occupa un posto centrale nelle nostre vite. Un dono comune che oltre agli studenti riguarda tutti noi: anche chi non ha figli, non è insegnante, non ci lavora e il diploma lo ha preso da tempo. 

 

Non sparate sulla scuola

Oggi meglio di ieri

Intanto, rassicurano le autrici,  la scuola di ieri non era migliore di quella di oggi. Quando nel millenovecentosessantatré è stata avviata la scuola media unica, su cento bambini iscritti in prima elementare solo quaranta riuscivano ad arrivare alla terza media e dieci al diploma di scuola superiore.

Ora invece, se pure con un  tasso di dispersione scolastica che arriva dodici per cento,  si può affermare che tutti vanno a scuola.  E questo nonostante l’Italia fosse in gran ritardo: all’inizio degli anni Ottanta, soltanto la metà dei ragazzi si iscriveva alle superiori. Un ritardo che richiede un lungo cammino e si colma in decenni.

 

Aperta a tutti, inclusiva e gratuita

Alla scuola si fanno molte richieste per rimediare a ciò che le altre istituzioni non fanno,  ma, scrivono le autrici, questo sistema  che coinvolge quasi nove milioni di persone, dai bambini agli adulti, rimane un modello da difendere: è aperta a tutti,  inclusiva,  gratuita e resta competitiva rispetto  al sistema privato che in altri Paesi ha preso il sopravvento”. 

 

Orari inadeguati e compiti spesso inutili

Certo, ci sono problemi, e tanti.  Dall’orario delle lezioni ai compiti che vengono assegnati a casa, a volte esagerati, che rischiano di essere inutili.  Il tempo pieno alla scuola primaria nelle regioni del nord Italia funziona mentre in Sicilia solo un bambino su sei va a scuola il pomeriggio. 

Per la didattica molti insegnanti si affidano ancora alla lezione frontale e nozionistica che però non attira l’attenzione dei ragazzi. Esistono molte sperimentazioni in corso,  dal metodo finlandese a quello Montessori applicato alle medie ma rischiano di non portare a risultati  se manca una visione globale del sistema.

 

Il capitolo delle bocciature

Si dice che in Italia non si bocci mai nessuno, in realtà non è così. Il passaggio dalle scuole medie alle superiori è traumatico e nel primo anno di scuola superiore le bocciature superano l’otto per cento. Quasi uno studente su dieci. Il passaggio più traumatico resta quello dalle medie alle superiori. Va meglio chi arriva alla maturità: solo il quattro per cento degli studenti non viene ammesso e il novantanove per cento si diploma.  

 

La dispersione scolastica

Il libro Non sparate sulla scuola parla anche degli studenti che abbandonano gli studi prima del diploma superiore «ognuno con la sua storia di tentativi fatti e mancati, di solitudine, incomprensione e rabbia che nessun tasso di abbandono potrà mai raccontare».

Secondo  Eurostat, la banca dati dell’Unione europea, in Italia sono quasi mezzo milione di ragazzi, l’undici e mezzo per cento della popolazione tra i diciotto e i ventiquattro anni. Un dato in calo rispetto agli anni scorsi, ma superiore alla media europea del nove e mezzo per cento.  E ci sono pure gli studenti con un diploma in tasca, ma che durante il corso di studi tormentato e incostante non hanno imparato molto. 

 

Qualche mito da sfatare

Le famiglie italiane sono spesso alle prese con il tempo libero dei figli, soprattutto nelle pausa estiva dalle lezioni. Ma le autrici del libro Non sparate sulla scuola precisano: “gli studenti italiani non vanno a scuola meno degli altri. In Italia frequentano per duecento giorni, in Finlandia i giorni obbligatori sono centoottantasei e in Francia centosessantadue. Certo, il nostro calendario sarebbe da ripensare alternando meglio lezioni e vacanze.

 

Il ruolo dei genitori

E c’è un capitolo dedicato ai genitori che contestano, protestano, si mettono a sindacare sui voti dei figli. Presidi e insegnanti lamentano continue invasioni di campo. La loro presenza a scuola è prevista dai decreti delegati degli anni Settanta, ma è quando è eccessiva può rendere invivibile il clima in classe.

La questione non è soltanto italiana. In Inghilterra lo stress dei rapporti con le famiglie è il motivo per cui molti professori dicono di voler lasciare il lavoro. In Francia un insegnante su due ha l’assicurazione “perché non si sa mai come va a finire”.

Pensiamoci.

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